lunedì 20 giugno 2011

Una Risposta a Pietro Folena.

Da Lettera43 di oggi

Pierluigi Bersani, con Antonio Di Pietro -che di questa campagna referendaria è stato il primo promotore- e con gli altri esponenti del centrosinistra, può gioire davvero per l’esito referendario. E’ un momento in cui al leader PD tutto riesce bene. Se a Di Pietro, e ai Comitati per l’acqua pubblica, va riconosciuto il merito di aver rivitalizzato, dopo ventiquattro flop successivi del quorum, l’istituto referendario, a Bersani va riconosciuto il merito -a fronte delle posizioni fortemente favorevoli al privato nei servizi presenti nel suo partito- di aver assecondato la grande onda che ha visto i giovani protagonisti, e di cui la base e l’elettorato del Pd sono stati partecipi. Un’onda talmente forte da investire anche un elettore su due del centrodestra.
E’ opportuno tuttavia che il segretario del Pd, e i massimi dirigenti di questo partito, soprattutto i teorici di un riformismo liberale – in cui tutto andrebbe liberalizzato o messo in competizione- riflettano bene sul significato di questo voto. In primo luogo c’è una domanda di partecipazione e di protagonismo -la stessa che ha fatto vincere chi non ti aspetti prima alle primarie per le amministrative e poi alle elezioni stesse-, che non delega in bianco i partiti e gli eletti, e che pretende di condizionare le scelte che possono incidere sulla vita delle persone. Così per il nucleare -che riguarda la salute delle persone (e aggiungiamo che il voto referendario ha un valore europeo e internazionale, e ridà prestigio al nostro Paese tanto malandato)- e così per l’acqua, in cui vince un principio, un’idea morale, il convincimento che su un bene vitale e essenziale, che va gestito meglio e non sprecato, non è accettabile che vi siano speculazioni. Oggi c’è un vento profondamente democratico, dopo una lunghissima stagione in cui, anche a sinistra, prevaleva la cultura del capo e della delega al leader.
Ma il Pd e la sua classe dirigente devono riflettere sulla natura del proprio riformismo. Senza alcun estremismo, e senza posizioni demagogiche, è la cassetta degli attrezzi del liberalismo economico dell’ultimo ventennio a non funzionare più. C’è un nuova domanda di pubblico, anzi di res-publica, dopo anni di trionfo della res-privata: il riformismo deve essere, in questo senso, autenticamente repubblicano. Forte, capace di rispondere alle grandi domande di quest’epoca: che guarda ai mercati -che possono seguire strade alternative: le voci relative alle energie rinnovabili schizzano ora in su ! – ma che non pensa che i mercati siano una religione e richiedano di ripetere ottusamente una litania.
Ora compito del legislatore – e di un polo alternativo al centrodestra- è indicare le misure per un credibile piano energetico fondato sulle rinnovabili; e quelle per una gestione pubblica efficiente, con adeguati investimenti pubblici sulle reti, dell’acqua; per non parlare delle riforme che, cancellata la diseguaglianza del legittimo impedimento, rendano effettivamente eguale la legge per tutti, obiettivo dal quale siamo molto lontani. E così, anche contro il precariato, per una società fondata sul lavoro e sul suo riconoscimento, per la cultura come volano della crescita, il Pd e i suoi alleati si devono misurare con la stessa volontà democratica (scelgano i cittadini) e con la stessa chiarezza programmatica.
L’epoca della sconsiderata corsa al centro, per il Pd, è davvero terminata il 12 e 13 giugno scorsii

.http://www.pietrofolena.net/blog/

Si… e’ terminata l’epoca della rincorsa al centro del PD,ha vinto il popolo degli onesti,siamo in attesa della sinistra che tarda ad unirsi.
Piu’ che di riformismo,ora piu’ che mai,si dovrebbe parlare di “un Nuovo Modello Di Sviluppo”,Ecologico,Sostenibile e Inclusivo, che guardi in prima persona alle classi sociali fortemente svantaggiate.Bisogna costruire la Terza Via,un nuovo approccio Economico e Sociale,che guardi al liberismo,non come occasione perduta ma come motore di Sottosviluppo precarizzante e moralmente non etico.La Grecia e’ vicina.Il PDL e il PD sono complementari e perdenti.
Bisogna avere il coraggio di essere uomini liberi e combattere per una piattaforma che veda “il lavoro come un bene comune” punto di partenza di questa svolta.

Un commento al post di Pietro Folena.
Luca Mandanici

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